1. Le associazioni sportive non sono dentro il Terzo Settore in quanto non vengono indicate tra le diverse tipologie di Enti. Vero o falso?
L’organizzazione di attività sportive dilettantistiche caratterizza – in quanto attività di interesse generale – gli Enti del Terzo settore (art. 5 DLgs 117/2017).
È vero che le ASD non sono espressamente indicate tra le diverse tipologie di Enti del Terzo Settore – a differenza, per esempio, delle associazioni di promozione sociale e delle organizzazioni di volontariato – ma se il Legislatore lo avesse fatto, il Registro CONI sarebbe dovuto transitare nel Registro Unico Nazionale del Terzo Settore (RUNTS) e tutte le ASD/SSD avrebbero dovuto assumere la veste di Ente del Terzo Settore (ETS).
L’iscrizione nel RUNTS rappresenta invece una opzione da valutare e non un obbligo. Da ciò discende la possibilità di restare esclusivamente “associazione sportiva dilettantistica” o di valutare anche l’acquisizione della qualifica di Ente del Terzo Settore: non c’è infatti alcuna norma che impedisca la contemporanea iscrizione nel Registro CONI e nel Registro del Terzo settore.
2. La nostra associazione sportiva dilettantistica è già iscritta nel registro delle associazioni di promozione sociale (o nel registro delle organizzazioni di volontariato o, ancora, nell’anagrafe delle ONLUS). Cosa dobbiamo fare?
L’associazione sportiva che sia già iscritta anche nel Registro delle associazioni di promozione sociale/ organizzazioni di volontariato o nell’anagrafe delle ONLUS deve confrontarsi con la Riforma e provvedere alla modifica dello statuto qualora sussistano i requisiti per mantenere tale qualifica o comunque per assumere la qualifica di Ente del Terzo Settore (la figura delle ONLUS viene assorbita all’interno degli Enti del Terzo Settore: ne consegue la necessità di valutare quale tipologia di qualifica assumere tra i diversi ETS ovvero se qualificarsi come semplice associazione).
L’articolo 54 prevede infatti che fino al termine delle verifiche che saranno effettuate nei confronti delle organizzazioni già iscritte negli albi (è previsto che a seguito della migrazione del contenuto degli attuali registi nel Registro Unico, gli Uffici provvedano entro 180 giorni a richiedere gli eventuali documenti mancanti e a verificare la sussistenza dei requisiti di legge), gli enti continuano a beneficiare dei diritti derivanti dalla rispettiva qualifica mentre l’articolo 101 prevede che tali enti continuino ad applicare le disposizioni previste dalle Leggi speciali fino alla operatività del RUNTS a condizione che adeguino lo statuto entro il termine massimo previsto.
Il Ministero del Lavoro sta interloquendo con le altre Amministrazioni competenti (leggasi Agenzia delle Entrate in primis) per predisporre una circolare interpretativa sul tema.
3. C’è chi afferma che l’associazione sportiva perderebbe le agevolazioni fiscali legate alla decommercializzazione dei corrispettivi versati dai soci: vero o falso?
Questo è falso se l’associazione assume la qualifica di “associazione di promozione sociale” (APS).
Si evidenzia che l’acquisizione della qualifica di APS è subordinata alla circostanza che l’associazione:
1) svolga attività di interesse generale;
2) svolga eventualmente attività diverse da quelle di interesse generale ma nei limiti di cui all’articolo 6 del CTS e del relativo Decreto attuativo;
3) si avvalga prevalentemente dell’apporto di volontari;
4) in presenza di risorse umane retribuite, rispetti alternativamente uno dei seguenti parametri:
a) le risorse umane retribuite non devono essere superiori al 5% dei soci;
b) le risorse umane retribuite non siano superiori al 50% dei volontari attivi.
Solo in presenza dei sopra indicati presupposti – che diverse associazioni sportive potrebbero non soddisfare – l’associazione può qualificarsi come APS e quindi beneficiare della decommercializzazione dei corrispettivi specifici versati dai soci per partecipare al corso di nuoto o alla gara di tennis.
In questo caso è sempre prevista la decommercializzazione dei corrispettivi specifici versati dai soci per partecipare alle attività di natura istituzionale promosse dall’associazione applicando non l’articolo 148, commi 3-6, del TUIR ma l’articolo 85 del CTS.
Si ritiene opportuno evidenziare che la decommercializzazione dei corrispettivi specifici versati è diversamente disciplinata nelle due norme rispetto alla natura dei beneficiari delle prestazioni.
L’articolo 86 del CTS prevede infatti che l’attività sia fiscalmente agevolata quando diretta nei confronti di:
– propri associati
– familiari conviventi dei propri associati
– associati di altre associazioni che svolgono la medesima attività e che per legge, regolamento, atto costitutivo o statuto fanno parte di un’unica organizzazione locale o nazionale;
e non anche nei confronti di:
– iscritti e partecipanti,
– altre associazioni che svolgono la medesima attività e che per legge, regolamento, atto costitutivo o statuto fanno parte di un’unica organizzazione locale o nazionale, per cui l’APS non beneficerà più della decommercializzazione dei corrispettivi specifici percepiti da una associazione affiliata al medesimo Ente, nonostante il servizio sia strumentale allo svolgimento delle finalità istituzionali (es: concessione dell’impianto sportivo ad altra ASD affiliata al medesimo EPS o ad una FSN, a condizione che l’importo sia qualificabile come contributo e non come corrispettivo di un servizio sul mercato);
– tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali, a meno che non siano a loro volta soci di altra associazione che svolge la medesima attività e che per legge, regolamento, atto costitutivo o statuto fa parte di un’unica organizzazione locale o nazionale in quanto l’APS beneficia della decommercializzazione dei corrispettivi specifici ricevuti da persone che possono esercitare i diritti democratici di una associazione anche diversa quando affiliata al medesimo Ente nazionale o locale (fatta eccezione per i famigliari conviventi).
Un’associazione sportiva dilettantistica che non presentasse invece i requisiti per qualificarsi come associazione di promozione sociale andrebbe a qualificarsi come Ente del Terzo settore generico al quale non sono riconosciute particolari agevolazioni sotto il profilo delle imposte dirette, se non la decommercializzazione dei corrispettivi per attività di interesse generale quando non superino i costi effettivi (ex art. 79 DLgs 117/2017): l’assunzione della qualifica di ETS in questo caso determinerebbe la decadenza di buona parte dei benefici fiscali garantiti invece in qualità di ASD.
4. Se ci iscriviamo nel RUNTS perdiamo i compensi sportivi: vero o falso?
Il Ministero del Lavoro dovrebbe intervenire con una circolare esplicativa dell’articolo 16 del CTS ma si evidenziano di seguito i motivi per i quali si ritiene che non esista alcuna disposizione che faccia presupporre l’impossibilità per un soggetto – iscritto nel Registro CONI e contemporaneamente nel RUNTS – di erogare compensi sportivi.
In particolare:
1) è vero che il CTS prevede che i volontari non possono percepire rimborsi forfettari ma i percettori compensi sportivi non sono volontari.
Il CTS introduce per la prima volta la definizione di volontario in qualsiasi contesto associativo. Mentre in passato era relegata nella Legge sulle organizzazioni di volontariato ed era qualificato come volontario della cooperazione internazionale anche l’operatore regolarmente retribuito con emissione di busta paga, oggi l’articolo 17 del CTS prevede che:
“1. Gli enti del Terzo settore possono avvalersi di volontari nello svolgimento delle proprie attività e sono tenuti a iscrivere in un apposito registro i volontari che svolgono la loro attività in modo non occasionale.
2. Il volontario è una persona che, per sua libera scelta, svolge attività in favore della comunità e del bene comune, anche per il tramite di un ente del Terzo settore, mettendo a disposizione il proprio tempo e le proprie capacità per promuovere risposte ai bisogni delle persone e delle comunità beneficiarie della sua azione, in modo personale, spontaneo e gratuito, senza fini di lucro, neanche indiretti, ed esclusivamente per fini di solidarietà.
3. L’attività del volontario non può essere retribuita in alcun modo nemmeno dal beneficiario. Al volontario possono essere rimborsate dall’ente del Terzo settore tramite il quale svolge l’attività soltanto le spese effettivamente sostenute e documentate per l’attività prestata, entro limiti massimi e alle condizioni preventivamente stabilite dall’ente medesimo. Sono in ogni caso vietati rimborsi spese di tipo forfetario”;
2) non c’è alcuna disposizione che impedisce ad una ASD iscritta nel Registro Unico del Terzo Settore di erogare i c.d. compensi sportivi.
Quando hanno voluto espressamente escludere l’applicazione di una norma di favore alle ASD che assumono la qualifica di ETS lo hanno fatto. Il CTS infatti non si è limitato ad abrogare le Leggi che avevano assicurato l’applicazione del regime di forfetizzazione delle imposte di cui alla Legge 398 anche a soggetti diversi dalle ASD/SSD, ma ha anche espressamente escluso la possibilità per gli ETS di applicare la Legge 398;
è vero che l’articolo 16 del CTS prevede che “I lavoratori degli enti del Terzo settore hanno diritto ad un trattamento economico e normativo non inferiore a quello previsto dai contratti collettivi di cui all’articolo 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81” ma si rende necessario analizzare tale norma.
Se questa dovesse implicare l’impossibilità di ricorrere all’istituto del compenso sportivo in quanto non assicura lo stesso trattamento normativo del contratto collettivo, dovremmo escludere – soluzione che potremmo definire anticostituzionale – la possibilità per tutti gli ETS di ricorrere a forme di lavoro diverse da quello subordinato. Le prestazioni professionali, i contratti di collaborazione coordinata e continuativa così come le collaborazioni di natura autonoma occasionale non presentato infatti il medesimo trattamento normativo contemplato dai CCNL per i dipendenti (si pensi all’istituto delle ferie, del TFR, della contribuzione previdenziale).
La norma inoltre non rinvia genericamente ai contratti collettivi, ma ai contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e i contratti collettivi aziendali stipulati dalle loro rappresentanze sindacali aziendali ovvero dalla rappresentanza sindacale unitaria, al fine di evitare distorsioni di concorrenza ricorrendo ai c.d. contratti pirata , ossia contratti che prevedono condizioni normative e retributive significativamente inferiori. Tale disposizione appare analoga a quella già prevista per le cooperative.
Sul tema esperti asseriscono in particolare “Deve peraltro ritenersi che per una ASD non vi siano ulteriori conseguenze negative derivanti dall’assunzione dell’ulteriore status di APS. In particolare, rimarrebbe invariata ed applicabile alle ASD-APS la disciplina fiscale di cui all’art. 69, comma 2, TUIR (esenzione dal reddito imponibile dei compensi sportivi fino a 10.000 € per periodo)”.
5. Se ci iscriviamo al RUNTS perdiamo la Legge 398: vero o falso?
Vero sicuramente per le ASD (non è prevista analoga esclusione per le SSD che dovessero assumere la veste di imprese sociali) ma se l’associazione si qualifica come associazione di promozione sociale ed i ricavi di natura commerciale non superano i 130.000 euro, la stessa può optare per un regime forfettario che prevede la stessa liquidazione delle imposte dirette del regime ex lege 398, oltre a non dover assoggettare ad IVA i relativi introiti commerciali (quindi nessuna liquidazione IVA nonché sgravio da numerosi adempimenti connessi).
6. È vero che se non ci iscriviamo al RUNTS non possiamo più ricevere contributi pubblici o stipulare convenzioni con la Pubblica Amministrazione?
La risposta è NI.
L’articolo 4 della Legge delega di Riforma del Terzo settore prevede che le associazioni che “si avvalgono prevalentemente o stabilmente di finanziamenti pubblici, di fondi privati raccolti attraverso pubbliche sottoscrizioni o di fondi europei destinati al sostegno dell’economia sociale o che esercitano attività in regime di convenzione o di accreditamento con enti pubblici” devono iscriversi nel Registro Unico del Terzo settore.
Ne consegue che le Pubbliche Amministrazioni potrebbero subordinare l’erogazione di contributi alla circostanza che l’organizzazione sia iscritta nel RUNTS.
Solo le associazioni di promozione sociale e le organizzazioni di volontariato possono inoltre stipulare le convenzioni con la Pubblica Amministrazione di cui all’articolo 56 del CTS.
7. È vero che se ci iscriviamo nel RUNTS dovremo pubblicare il bilancio?
Sì ma la pubblicazione del bilancio rappresenta uno strumento di trasparenza che si rende sempre più necessario per dimostrare la corretta gestione del sodalizio. Tale esigenza è avvertita anche dal mondo sportivo, tant’è che la Delibera del Consiglio Nazionale del CONI relativa al funzionamento del Registro CONI 2.0. introduce, per ora come facoltativa, la pubblicazione del bilancio delle ASD in tale Registro.
8. In breve, per quale ASD potrebbe essere inutile” valutare l’assunzione della qualifica di ETS?
Si fa qui riferimento alle associazioni che:
1) percepiscono prevalentemente entrate di natura commerciale in quanto entrando nel RUNTS diventerebbero enti commerciali, non trovando applicazione l’articolo 149, ultimo comma, del TUIR che garantisce alle ASD la possibilità di restare enti non commerciali pur percependo prevalentemente introiti di natura commerciale;
2) svolgono attività diverse da quelle di interesse generale in misura prevalente e comunque senza rispettare i vincoli previsti dal Decreto attuativo dell’articolo 6 del CTS: in questo caso non possono qualificarsi come Enti del Terzo Settore;
3) non presentano i requisiti per qualificarsi come associazione di promozione sociale;
4) pur presentando i requisiti per qualificarsi come associazione di promozione sociale, presentano ricavi commerciali superiori ad euro 130.000.